Un “tempo sospeso” alternativo alle punizioni, per non perdere la pazienza e comprendere le emozioni.

È sabato pomeriggio, Christian e il cugino Marco stanno giocando insieme. Entrambi vogliono tenere il camion dei pompieri. Christian lo prende per primo.
Marco: “Lo voglio io” strappandoglielo di mano.
Christian: “È mio”.
Marco: “Non è vero”.
“Invece si!” dice Christian si riprendendosi il camioncino e dà una spinta forte al cugino che cade per terra.

È la terza volta oggi che Christian, per qualche motivo, fa male a Marco. A questo punto interviene la mamma che ha visto la scena e dopo averlo rimproverato per l’ennesima volta lo mette in punizione: “Visto che ti sei comportato male, stasera non andrai al cinema”. L’episodio non si ripete più nel corso della giornata, però sistematicamente, quando s’incontra con il cuginetto, Christian gli fa male.

gestione dei conflitti

Questa è una classica situazione come tante che può portare a rispondere a comportamenti problematici con delle sgridate o con delle punizioni e a perdere la pazienza. Sebbene la punizione possa dare una risposta immediata (il bambino fa subito quel che vogliamo), è stato dimostrato che nel lungo periodo perde di efficacia e i comportamenti che si vorrebbero eliminare tornano a presentarsi regolarmente. Molti continuano a comportarsi in questo modo, convinti così di educare, di aver ottenuto quel che volevano: un bimbo che smette di urlare e fare capricci, ma questa è solo un’illusione.

Time Out come tecnica per gestire il conflitto ed evitare l’escalation emotiva

Esistono molti metodi alternativi alle punizioni per educate i propri figli, ma mantenere la calma in queste situazioni non è affatto facile e nemmeno scontato.

Per evitare un’escalation emotiva che sicuramente non porterà a nulla, proponiamo l’uso della tecnica del Time Out per la gestione dei conflitti, un tempo sospeso che aiuta l’adulto a mantenere la calma e il bambino ad allontanarsi dalla fonte della sua rabbia.

La prima cosa da fare è organizzare uno spazio in cui mettere il bambino in Time Out: non servirà molto per organizzarlo, ci basterà una poltrona, una sedia o dei cuscinoni da posizionare in un punto della casa che diventerà “l’angolo” o “la stanza” del time out (si potrà anche abbellire con immagini rilassanti o palline antistress, etc).

Ovviamente lo spazio che sceglieremo non dovrà essere la cameretta del bambino o un luogo in cui sono presenti dei giocattoli, la cosa migliore è che sia un luogo neutro, uno spazio in cui potrà sentirsi libero di provare le sue emozioni. In questo spazio può trovare il modo migliore per gestire la rabbia in autonomia, acquisendo maggiore fiducia nelle sue competenze emotive e alimentando il proprio senso di autoefficacia.

La seconda cosa da fare è stabilire per quanto tempo il bambino dovrà rimanere in Time Out: gli esperti hanno indicato dei tempi precisi che aumentano con l’avanzare dell’età, un minuto per i bambini di 3 anni, due minuti per quelli di 4, fino ad arrivare a tre per quelli di 5.

Un errore da evitare è quello di conteggiare il tempo per conto proprio utilizzando un orologio. Bisogna servirsi sempre di un timer portatile che suoni e collocarlo vicino al bambino, in modo che non lo possa toccare ma riesca a sentirlo e vederlo. Ideale, ad esempio, l’utilizzo del Time Timer, lo strumento semplice ma innovativo che permettesse ai bambini di “vedere” materialmente lo scorrere del tempo.

Le differenze tra “Time Out” e “punizione del castigo”

gestione rabbia bambiniAttenzione! Il Time Out non è assolutamente da confondere con la classica punizione del castigo. Solitamente il bimbo in castigo si vergogna della propria situazione, ha paura, si sentirà umiliato e lo scopo finale è ottenere le sue scuse per il gesto compiuto.

Il Time Out, invece, serve come momento di pausa: con calma e poche parole il genitore deve mettere in time out il bambino entro pochi secondi dalla “crisi” o dal comportamento sbagliato. Il bambino, una volta seduto, potrà calmarsi, annoiarsi, dare libero sfogo alle sue emozioni, o riflettere sul suo comportamento. Una volta finito il tempo l’adulto dovrà ricordare al bambino il motivo per cui è stato messo in Time Out e dovrà spiegargli come comportarsi in modo adeguato una prossima volta: il bambino dovrà avere ben chiaro quali sono i comportamenti inaccettabili e bisogna ricordargli le regole semplici, chiare e condivise di un corretto comportamento.

Il genitore potrà anche chiedere al bambino di raccontare quello che è successo e come si è sentito. Queste occasioni servono ad allenare l’intelligenza emotiva, a sviluppare il vocabolario emotivo e prendere consapevolezza del proprio mondo interiore e quindi riuscire a esprimerlo e a raccontarlo.

Anche noi possiamo raccontargli ciò che ci ha fatto arrabbiare e come abbiamo reagito in situazioni simili. Questo lo aiuterà a capire che le emozioni non sono mai sbagliate e gli darà indirettamente suggerimenti e strategie per affrontare il prossimo episodio di rabbia.

Ricordiamoci che questa tecnica non è da utilizzare per ogni tipo di comportamento problematico, ma diventa efficace in determinate situazioni, soprattutto per i comportamenti aggressivi e crisi di rabbia. Ricordiamo inoltre che a proporre il Time Out per la gestione dei conflitti e della rabbia deve sempre essere la persona che è assieme al bambino nel momento in cui attua il comportamento scorretto e non può essere delegato ad altri, inoltre è importante applicare la tecnica con coerenza e costanza.

Riprendendo l’esempio fatto all’inizio, la mamma di Christian sarebbe dovuta intervenire mettendo il bambino in Time Out immediatamente dopo ogni episodio violento avvenuto nel corso della giornata, quindi già dopo la prima volta, senza discutere, gridare, rimproverare, minacciare o dare punizioni. La mamma avrebbe potuto dire: “Christian, hai fatto male a tuo cugino perché sei molto arrabbiamo, ti porto nell’angolino del time out per farti tranquillizzare un pochino”.

Cosa fare se il bambino si ribella o si rifiuta di andare in Time Out?

Non aspettiamoci che il bambino vada volentieri in Time Out, ecco perché bisogna essere pronti a fronteggiare i comportamenti di ribellione verso questa pratica mantenendo la calma.

Se si rifiuta di andare in Time Out, bisogna dirgli con tono calmo che se non ci andrà immediatamente dovrà passare del tempo aggiuntivo seduto. Per ogni 10 secondi di ritardo si aggiungerà 1 minuto al timer, per un massimo di 5 minuti aggiuntivi. Una volta aggiunti i 5 min, se il bambino non è ancora andato in Time Out, gli si farà presente che la conseguenza sarà la perdita di un’attività piacevole. Dopodiché si conteranno altri 10 secondi, se il bambino non è ancora in Time Out si comunicherà la conseguenza, dunque l’adulto si allontanerà.

E’ importante che i 10 secondi vengano contati silenziosamente, l’adulto non deve discutere con il bambino e soprattutto non dovrà mai perdere la pazienza.

Lo stesso modus operandi verrà applicato nel caso in cui bambino si allontani dal time out prima della fine del tempo. Se il bambino fa rumore, si lamenta o piange durante il Time Out è necessario che l’adulto lo ignori.

Non dimentichiamoci che i bambini sanno anche essere furbi e potrebbero provare a manipolare l’adulto dicendo che “gli piace” stare in time out rifiutandosi di uscire dalla stanza. In questo caso consigliamo semplicemente di dire: “il timer è suonato, se vuoi puoi uscire, ma fai pure come preferisci”.

Sicuramente avere a che fare con capricci e comportamenti aggressivi è impegnativo e trovare strategie alternative che ci permettano di evitare la punizione e mantenere la calma non è facile, speriamo che questa tecnica possa essere una freccia in più al vostro arco di genitori per affrontare con un pizzico di serenità in più quelle situazioni capaci di metterci a dura prova.

 

Pier Paolo Pavarotti
Insegnante di sostegno (scuola primaria) 

 

Bibliografia:

“Il grande libro della rabbia, 14 storie per conoscerla accettarla e imparare a gestirla”, B. Franco, C. Bosia, A. Lingua, V. Abatzoglu, Grafiche Busti srl, Colognola ai Colli (VR) 2021