L’albinismo è una condizione genetica rara, in Italia si conta 1 su 17.000, che interessa sia il mondo animale (compreso l’uomo) che vegetale.
I soggetti colpiti da albinismo sono carenti di melanina, si tratta quindi di una mutazione genetica che, a seconda del tipo di albinismo, interessa un gene o un altro ed il risultato è la mancata o scarsa sintesi di melanina.

Un bambino albino nasce sempre da due genitori entrambi portatori sani che hanno quindi il 25% di probabilità di concepire un figlio albino, ma spesso è un evento che suscita grande stupore e non poco smarrimento.
Quasi tutti i programmi che i genitori si erano fatti sull’avvenire del figlio andranno rivisti in un’ottica diversa, perché l’albinismo comporta delle limitazioni, la più grande delle quali è l’ipovisione.

Albinismo e ipovisione: i difetti visivi degli albini

Un bimbo albino vede in media tra 3/10 e 1/20, quindi andiamo da un’ipovisione lieve ad una medio-grave, ma sempre di persone che vedono poco si tratta.
Il visus rimane tendenzialmente stabile nel corso della vita, salvo complicazioni, sforzi eccessivi oppure mancata correzione per lungo periodo.

I principali difetti dell’occhio albino sono: la scarsa acuità visiva, il nistagmo congenito (movimento involontario degli occhi che si traduce nella perdita del focus visivo e minor equilibrio), la fotofobia (fastidio alla luce), lo strabismo e possono essere presenti anche astigmatismo e ipermetropia.
Tutto questo viene spesso riassunto con il termine ipovisione, anche perché quando si parla con la gente comune che ti domanda “Che problemi ha il bambino?” non si ha tempo e a volte nemmeno la voglia di andare per dettagli, per cui “È ipovedente a causa dell’albinismo” è una risposta più che esaustiva.

L’ipovisione e il potenziamento degli altri sensi

Vista, udito, tatto, gusto e olfatto sono i 5 sensi che possiedono gli esseri umani. Se il primo viene a scarseggiare come nel caso dell’ipovisione, gli altri quattro vengono potenziati nella loro azione sia in maniera naturale che indotta.
Per potenziamento indotto intendiamo le attività svolte durante le sedute di psicomotricità, di terapia riabilitativa che i bimbi albini possono svolgere quando sono piccoli. Assieme ad un operatore imparano così ad esplorare il mondo con i 5 sensi attraverso giochi ed esercizi che li renderanno sempre più forti ed autonomi.

La maggior parte degli albini più giovani non conosce il linguaggio Braille, cosa che invece è comune tra gli over 40 e 50. Nella maggior parte dei casi infatti gli albini non ne hanno un bisogno irrinunciabile, ma può venire utile in età avanzata o in casi di peggioramento visivo, che comunque precisiamo, è molto raro, in quanto il visus degli albini è tendenzialmente stabile. Insomma, studiare o non studiare il Braille rimane una scelta personale ed in ogni caso occorre rivolgersi all’UICI (Unione italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) che saprà fornire tutte le indicazioni.

Di cosa ha bisogno l’occhio di un bimbo albino quando gioca (e non solo)

Non ci sono differenze tra l’occhio di un bimbo albino e l’occhio di un albino adulto, tendenzialmente le necessità sono le stesse, questo per rispondere all’implicita preoccupazione dei genitori che si chiedono se la situazione potrebbe cambiare in futuro.
L’unica differenza è che l’adulto acquisisce esperienza mnemonica appresa da piccolo e ha imparato l’arte dell’adattamento, anche grazie a percorsi di riabilitazione visiva che ha frequentato in tenera età.

Generalmente ci sono alcune condizioni che agevolano la vista del bimbo albino nel gioco e nella vita e sono le seguenti:

  • colori a contrasto: questo significa che se il piano di gioco è, facciamo un esempio azzurro, e sono previste delle pedine, sarebbe meglio che le pedine e qualsiasi oggetto che si appoggi sopra il piano non sia azzurro o blu, ma con colori a netto contrasto quindi rosso, giallo, nero, fucsia ecc.
  • nitidezza ed essenzialità: meno cose ci sono e meglio è per l’occhio di un bimbo con albinismo, e questo vale anche per i disegni e le scritte per quando saranno in età scolare, per cui pochi elementi, ben distinti e distanziati tra loro e con colori a contrasto. No invece a cartelloni da gioco con caselle dai disegni che risultano “pasticciati”, si pensi ad un gioco come Cluedo, assolutamente confusionario a livello visivo (almeno per chi vede poco).
  • oggetti ed immagini in scala ingrandita: forse questa accortezza meritava di stare al primo posto ma la lista non è in ordine di importanza, in ogni caso per un ipovedente da albinismo le dimensioni contano eccome, per cui tutti gli oggetti di un gioco, tutte le scritte, tutti i disegni devono essere ingranditi il più possibile.
  • input sonori: gli stimoli sonori, oltre a permettere lo sviluppo di questo senso, fungono sicuramente anche da compensatori, per cui se ogni piccola azione del gioco viene accompagnata da un suono diverso, sarà molto più facile e divertente per il bambino mettersi a giocare e ritornare a giocare con lo stesso gioco (non dimentichiamoci che un obiettivo è quello di disincentivare la rinuncia al gioco, che nel caso dell’ipovisione è dietro l’angolo).

Infine è davvero fondamentale, soprattutto per i giochi all’aperto e i giochi di squadra che il bimbo albino rimanga il più vicino possibile alla fonte di emissione degli input, che potrebbe essere l’insegnante, l’istruttore, il lanciatore della palla, regole del gioco permettendo. Non si tratta di avvantaggiare il bambino ma piuttosto di ridurre la distanza tra il suo handicap e la fruizione del gioco stesso.

Bimbi ipovedenti: i figli di nessuno? Non proprio.

Spesso gli ipovedenti vengono considerati “figli di nessuno” in quanto non sono né vedenti e né non vedenti, ma stanno in quella sottile via di mezzo che molte volte confonde i medici e gli insegnanti che esclamano “Ma quindi ci vede, si muove in autonomia”! e non necessitano della stessa assistenza e degli strumenti che invece utilizzano le persone totalmente non vedenti.
Allo stesso tempo però ci si aspetta il mondo da loro, proprio per questa capacità di autonomia, questa disinvoltura con cui li si vede muoversi, giocare, studiare, lavorare e badare alla famiglia da grandi. Ed è lì che arriva il senso di frustrazione e delusione per non essere riusciti ad adempiere al 100% agli impegni, per sentirsi sempre stanchi, perché i limiti ci sono, la vista viene sforzata quotidianamente oltre ogni misura perché se vedi 1/10 per occhio, quel decimo lo devi spremere con tutte le tue forze.

Questo capita ancora di più agli ipovedenti da albinismo che oscillano tra l’ipovisione lieve e quella grave a seconda del visus, caparbi e ostinati per natura non si arrendono davanti a nulla. Parola di albina adulta!

Gli albini infatti, non utilizzano solo gli altri 4 sensi, come è logico pensare, ma utilizzano molto anche la vista, il loro residuo visivo viene impiegato e spesso sforzato fino al limite per trarre ogni vantaggio da esso e se questo da un lato può costituire un vantaggio dall’altro può portare delle conseguenze spiacevoli, dalla stanchezza cronica, ai dolori cercicali fino al calo del visus.

Albinismo e gruppi di supporto

Oltre al conoscere gli iter burocratici da seguire per il riconoscimento dell’invalidità e oltre agli strumenti giusti per il proprio figlio, un genitore necessita prima di tutto di supporto emotivo, di condivisione e vicinanza, il sapere di non essere solo e che qualcuno ci è già passato prima di lui e che ce l’ha fatta egregiamente.

A questo proposito ricordo che in Italia esiste sia un’associazione chiamata Albinit che un gruppo spontaneo di genitori e albini adulti che si chiama Albini in Italia attraverso i quali è possibile venire in contatto con altri genitori e anche albini adulti.

 

Roberta Tetto
Autrice del Blog Nero Su Bianco